Prima di Lovecraft: Il grande dio Pan, di Arthur Machen

“(…) dopotutto, è una storia antica, un remoto mistero che si manifesta ai giorni nostri, tra le cupe strade di Londra anziché tra i vigneti e le distese di ulivi”
Villiers di Wadham
, Il grande dio Pan

La segnalazione del buon Ysi dell’opera di Hillman Saggio su Pan mi ha spinto a rileggere questa novella di Arthur Machen, in cui sono presenti molte tematiche che Lovecraft farà sue nella stesura dei suoi racconti di orrore cosmico:

  • l’alienità della reale natura del cosmo rispetto alle percezioni dell’uomo
  • l’irruzione dell’orrore cosmico nel quotidiano e il suo rendere folli coloro che ne testimonino l’incommensurabile grandezza
  • la conoscenza come chiave che apra la porta al disastro – mostrando ciò che deve essere celato all’umanità per il suo stesso bene…

Ne emerge un vero e proprio racconto dell’orrore, di quelli col finale non edulcorato: la morte è una prospettiva meno spaventosa, rispetto al fato di coloro che siano testimoni dei misteri del grande dio Pan, personificazione di quella parte del mondo materiale che l’essere umano non può domare con l’aiuto della sua scienza!

Il grande dio Pan 101

il grande dio pan arthur machen
Copertina
(Fonte: scansione)

Il dottor Raymond, un geniale chirurgo la cui dedizione alla medicina trascendentale gli è valsa, negli ambienti più ortodossi, la nomea di ciarlatano, dopo anni di studio ha elaborato una tecnica di neurochirurgia capace di aprire le porte della percezione umana alle verità ultime sul mondo fenomenico: un livello di realtà che il dottore chiama col nome di “dio Pan”.
Privo di scrupoli, sperimenta la tecnica sulla figlia adottiva Mary, a lui devota, col gentiluomo Clarke come testimone dell’esperimento.
Il risultato dell’operazione sarà l’inizio di una catena di depravazione e morte che stringerà il mondo, e soprattutto Londra, negli anni a venire.

La scheda

Titolo originale: The Great God Pan (1894)
Traduzione: Annalisa Di Liddo (sono presenti sue note al testo)
Postfazione: Carlo Pagetti
Editore: Fanucci, 2005
Prezzo: 7,50€

Tecnica e stile

Il grande dio Pan usa in larga misura un narratore in terza persona, focalizzato su un unico personaggio – nei cui confronti diviene talvolta onnisciente, rivelando pensieri ed emozioni senza fare uso di descrizioni.
Sono frequenti sia i dialoghi, sia le descrizioni ambientali, che presentano un certo grado di lirismo poetico: la piacevolezza dell’ambiente descritto genera un certo contrasto con gli elementi orribili (anzi: panici!) che non sono quasi mai descritti in modo esplicito.
Buona parte dei sostantivi è accompagnata da almeno un aggettivo, ma la cosa non mi ha disturbato.

Personaggi (con lievi spoiler)

I primi personaggi che appaiono nella novella non sono i protagonisti: due, il dottor Raymond e sua figlia Mary, sono la causa di tutto l’intreccio; il terzo – il gentiluomo Clarke, attratto ma anche spaventato dall’occultismo – è testimone di fatti e depositario di alcune informazioni, che lo renderanno importante perché il vero protagonista – l’eccentrico Villiers di Wadham, appassionato di stranezze – scoprirà il mistero ed elaborerà una soluzione anche grazie a lui.

Un altro personaggio chiave è l’elusiva Helen V., donna affascinante e dai molti segreti.
Coinvolta in situazioni misteriose e inquietanti durante l’infanzia, la sua scomparsa sarà seguita dall’ingresso in scena di altre donne – come la signora Herbert e la signorina Beaumont – che sembreranno essere l’occhio del ciclone attorno a cui avverranno morti misteriose: mai violente, talvolta suicide, sempre accomunate da un’atmosfera pervasa di terrore insostenibile, che porta le vittime al crollo totale.
La loro influenza corruttrice, anche se mai dichiarata, si potrà però dedurre da espliciti indizi sparsi tra i dialoghi, come

Sono convinto che la peggior casa di malaffare di Londra fosse un luogo fin troppo innocente per lei.

Tra le caratteristiche associate al dio Pan, c’è quella della sessualità sfrenata: in un ambiente ufficialmente puritano come quello della Londra vittoriana, certe attività potrebbero spezzare facilmente più di uno spirito… ma dato che Machen non accenna mai un dettaglio concreto, il tutto è lasciato alla peggior immaginazione del lettore!

Comprimari e comparse: il gentiluomo Charles Herbert, un tempo compagno di studi di Villiers; il gentiluomo Austin, amico di Villiers; il pittore Arthur Meyrick, caro amico di Austin; Lord Argentine, Lord Swanleigh, il signor Collier-Stuart e il signor Herries, vittime di una femme fatale sin dal momento della loro comparsa in scena. Tralascio un paio di domestici, citati nella novella ma che non ricoprono ruoli nella storia :P

Come si può vedere, i personaggi sono pochi: Il grande dio Pan potrebbe diventare una buona pièce teatrale o uno sceneggiato – o, dato che sono un po’ nerd e ho interessi appropriati alla mia natura, un’interessante avventura grafica :D
Magari è già successo e non ne sono a conoscenza…

La postfazione

Il volumetto si chiude con una breve postfazione di Carlo Pagetti: scorrevole e interessante, offre uno scorcio del panorama letterario inglese entro cui Machen scrisse questa novella – e a me ha offerto alcuni spunti di riflessione per la stesura di questa… chiamiamola recensione!

Concludendo…

Il grande dio Pan è una di quelle storie che, si direbbe, anticipano le idee più care a Lovecraft – il “divino” come forza crudele verso l’umanità in quanto disinteressata alle sue sorti, i pericoli di una scienza sconsiderata e fine a se stessa, capace di sollevare il velo dell’ignoranza umana e mettere l’uomo di fronte a una verità che non può sostenere – ma a differenza del solitario di Providence, lo fa mescolando delle atmosfere inquietanti assieme a immagini meravigliose di una natura che è sì foriera di pericolo in quanto selvaggia e indifferente, ma al tempo stesso stupenda e vitale, simbolo di una forza segreta che, in quanto dominio degli dei, non sarà mai prerogativa dell’uomo. Non in una forma così pura o potente, per lo meno.

Oh, già, dimenticavo: il cazziatone!

Si direbbe dulcis in fundo, ma qui il mio tono sta per farsi asprigno e il mio pessimo latinorum non mi sostiene nel coniare un’espressione adatta.
Acer in fundo? A ogni modo, non rimandiamo.
Un recente articolo della sempre all’erta Chiara Beretta Mazzotta mi ha rivelato, in una fotografia a una rivista, un brutto aspetto della Fanucci che non conoscevo.

Vanterie discutibili
(Fonte: Baionette librarie)

Il fatto che queste… pratiche siano di moda presso una certa editoria italiana non rende la cosa meno grave solo perché vi sia (stata?) coinvolta una casa storica come la Fanucci, anzi: la cosa è peggiorata dall’aver rilasciato un’intervista in cui si afferma con grande sfacciataggine la cosa, come se mantenere in attivo un’azienda senza pagare i suoi dipendenti fosse un’opera meritoria: l’unico motivo per cui ho deciso di pubblicare comunque questo post, dopo la scoperta, è che ormai ero già a buon punto della stesura e non mi piace buttare un lavoro buono in cui mi sono impegnato al meglio delle mie possibilità.
Spero con risultati decenti :)

9 pensieri su “Prima di Lovecraft: Il grande dio Pan, di Arthur Machen

  1. Premetto che ho la tua edizione e che il libro si può liberamente scaricare in lingua originale perché oramai libero, volevo sperticarmi in lodi per la Fanucci perché mi piacciono i libri che pubblica ma vedendo quel pezzo di intervista mi è un po’ passata la voglia.
    Questo libro è sicuramente un capolavoro dell’Arciduca di Redondo, che tra l’altro ha fatto pure parte della Golden Dawn, ma è anche piú di una semplice ispirazione per Lovecraft: “L’orrore di Dunwich” è praticamente un “pastiche” celebrativo del Grande dio Pan!
    Lo stile di Machen è particolare, accurato ma non pesante, anzi nel romanzo “I tre impostori” lo si può vedere ancora meglio, per quanto adoperi di meno l’effetto, tanto caro anche a Poe, di lasciare all’immaginazione del lettore il lavoro sporco!
    Dato che ho citato Redondo, per caso conosci Shiel? La nube purpurea o Il principe Zaleski?

    1. I miei sentimenti per la Fanucci sono simili ai tuoi: è una casa importantissima, per me, a maggior ragione per il tipo di opere che pubblica, ma quell’intervista è stata una doccia fredda :?
      Questo libriccino è bello, ha un aspetto elegante, mi pare anche senza refusi. Non l’ho letto in originale, ma mi sembra ben tradotto – la traduttrice, mi sa, non è una novellina – e la postfazione è interessante e scorrevole. Solo, ora mi chiedo se tutta questa professionalità sia stata pagata…

      Di Machen ho letto anche La collina dei sogni, ma nient’altro: è praticamente un poeta in prosa, poco da dire :D
      La nube purpurea è in coda di lettura – ci sono inciampato sopra in un negozio dell’usato e ho detto “Mio!” :D non so perché, ma leggendo la sinossi mi ha scatenato un flash di un altro scrittore che mi piace: Meyrink. Lo conosci? Se no, lo conoscerai ;)

    2. Potrebbe piacerti il prossimo post in programma, allora… oppure no, non sono un veggente :P
      Il problema è che Meyrink, in Italia, se lo filano in 17 – recuperare La notte di Valpurga e la casa dell’alchimista è stato un parto, il resto lo avevo da tempo. È anche possibile che mi manchino dei racconti all’appello…

    3. La notte.di Valpurga l’ho acquistato su IBS all’epoca. Trovo molto interessanti solitamente le prefazioni e postfazioni in cui si possono leggere talvolta anche commenti di Evola.

    4. Meritano senza dubbio. Tra l’altro potresti comprarti anche Un Disturbo del linguaggio, trasposizione a fumetti di due reading teatrali di Alan Moore, Il sacco amniotico & Serpenti e scale, di Eddie Campbell!

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