Era il 1999, quando conobbi un’autrice di fumetti giapponesi (mangaka, per chi non ama i corrispettivi in italiano) chiamata Kei Tome, una donna dal tratto davvero interessante: il suo primo fumetto che ho letto è Kurogane, di cui gracchierò oggi. Vorrei scrivere “il primo di molti”, ma ahimè, gli editori italiani non si ricordano spesso di Kei Tome – e non voglio scrivere sciocchezze come “preferiscono pubblicare solo roba commerciale senz’anima” etc., perché di fumetti interessanti ne escono a casse ogni settimana, ma è certo che vorrei seguire meglio la carriera di questa brava artista. Anche perché, dopo una pausa di alcuni lustri che nemmeno Togashi, pare finalmente che sia ripresa la pubblicazione di Kurogane!
Kurogane 101

Giappone, presumibilmente intorno al 1800. Jintetsu, un giovane assassino prezzolato e maestro di spada, muore a causa di un branco di cani feroci. Prima della sua fine, un uomo geniale raccoglie il suo corpo martoriato, quindi usa la propria scienza per sostituire le parti mancanti di Jintetsu con elementi meccanici, rendendolo simile a una bambola automatica, ma preservandone il cervello e la personalità.
L’inventore ha ovviamente un proprio scopo…
Poiché Jintetsu non ha conservato la propria voce nel processo, l’inventore gli consegna una spada, Haganemaru, in cui ha trasferito la conoscenza di un uomo: in prossimità di Jintetsu, Haganemaru è in grado di parlare al posto del giovane “cyborg”, permettendogli di intrattenere almeno dei rapporti superficiali con le persone.
Inizia così la seconda vita di Jintetsu e il suo lungo viaggio senza meta, segnato da incontri e separazioni.